giovedì 23 gennaio 2025

Fabrice Nicolino--Lettera ai giovani sul destino del mondo-14 Gennaio 2025. Rivista Malamente




https://rivista.edizionimalamente.it/2025/01/14/lettera-ai-giovani-sul-destino-del-mondo/


Vedete, io sono ormai quasi vecchio. Eppure disperatamente giovane come voi, che avete appena iniziato la vostra vita terrena. Vi sarete accorti che tutto sta andando male e, immagino, starete soffrendo per un futuro nero come il carbone più scuro. Vorrei dirvi qualche parola.


Prima di tutto, è vero. Il clima, una benedizione più o meno stabile da dodicimila anni, è ora un pericoloso pazzo. Ha permesso l’emergere delle civiltà, di tutte quelle civiltà che esaltiamo tanto. L’Egitto del Faraone, la Cina dell’Imperatore giallo, la civiltà Chavin prima degli Incas, Tenochtitlan, Nok, Aksourn, sumeri e babilonesi, Atene e Roma non avrebbero mai visto la luce senza la garanzia di raccolti più o meno regolari. Più o meno.


Ma tutto questo è andato. Come se non bastasse, un altro incredibile fenomeno si sta svolgendo sotto i nostri occhi, sotto i nostri sguardi increduli. La vita scompare, come una goccia d’acqua al sole. Si perde nel blu. La bellezza ci lascia, senza voltarsi indietro. Forme nate nel corso di migliaia di secoli non potranno più essere ammirate da nessuno; alcune, numerose, sono già svanite nel nulla.


Che fine ha fatto la grazia delle farfalle?

Sono nato in un mondo che, ingenuamente, credevo sarebbe stato sempre lo stesso. Ho vissuto in un’epoca in cui c’erano ancora tigri fino alle porte dell’Europa. Ora ne sono rimasti alcuni gruppi sparsi, cacciati dall’avidità, dalla stupidità e dalla follia più totale. Lo stesso vale per le favolose grandi scimmie, dagli oranghi agli scimpanzé dei film della mia infanzia. Vale per gli elefanti, le cui zanne un tempo arrivavano in cielo. E vale per leoni e ghepardi, re decaduti delle savane, che presto si potranno vedere solo dietro le sbarre delle prigioni costruite dagli uomini.


Naturalmente, questi animali grandiosi non devono far dimenticare tutti gli altri, anch’essi magnifici. Le farfalle – la grazia eterna delle farfalle – con i loro colori pazzeschi, se ne vanno di gran carriera verso la morte. Ne abbiamo perse la metà in circa vent’anni. E un terzo degli uccelli delle nostre campagne, che hanno diritto a stare qui quanto noi. In quindici anni. E le api e gli impollinatori che fertilizzano un terzo del cibo mondiale. E centinaia e migliaia di altre bellezze straordinariamente comuni, con cui non possiamo più condividere la strada.


Sì, giovani, ve l’ho detto: è incredibile. Potremmo distogliere lo sguardo, ancora una volta. Ma no, ho la sensazione che non lo farete. Sento, come altri, che sta sorgendo un grande movimento giovanile che finalmente rimescolerà le carte in tavola. Vedo che vi solleverete, che vi state già sollevando, e per un vecchio combattente come me è un grande sollievo.


Con gioia, vi passo il testimone. Sarò qui fino alla fine, potete starne certi, ma la battaglia che state intraprendendo durerà decenni. E lasciatemi dire che un po’ vi invidio. Vi aspetta un’avventura straordinaria. Un’avventura storica. Meglio ancora: un’avventura collettiva senza precedenti. Purtroppo si tratta di una guerra, una guerra totale di sterminio del vivente, ma non sarà come le precedente


Loro non faranno nulla, ma noi sì

Chi sta combattendo questa guerra, e continuerà a condurla insieme a voi, porta come vessillo la bellezza del mondo e riuscirà inevitabilmente a riunire le società umane. Non è possibile, non è concepibile che ridicole minoranze assetate d’oro continuino a distruggere il mondo. Questo non sarà più tollerato e voi, ne sono certo, sarete presenti. Vinceremo, perché non abbiamo altra scelta. Ce la faremo. Il coraggio non ci manca.


Ma dobbiamo essere d’accordo su chi sia il nostro avversario. La guerra lanciata contro il clima potrebbe essere la peggiore di tutte, e uso il condizionale per convenzione. Ha una precisa peculiarità: non contrappone un territorio a un altro, non è un conflitto tra due gruppi umani. È molto più profonda, perché il fronte di battaglia è dentro di noi. Siamo sia attori che vittime. Con ogni acquisto, spesso compulsivo, spesso manovrato dall’industria della menzogna pubblicitaria, sosteniamo quel mondo che vogliamo disperatamente cambiare.


Certamente, però: ci sono loro e ci siamo noi. E non sto confondendo il noi con coloro che ci portano al disastro. Ci sono i responsabili, i grandi colpevoli. Gli stati e i loro eserciti di miserabili politici non faranno nulla finché Pompei non sarà sotto le ceneri del Vesuvio. Non sanno fare di meglio. E lo stesso vale per le multinazionali, che conoscono una sola strada, quella che rende felici i loro azionisti. Potremmo ritrovarci con le spalle al muro nel giro di una decina di anni e loro non devierebbero dalla rotta. Sanno tutto, da decenni, e se hanno preferito dissimulare il loro crimine è perché ne erano e ne sono consapevoli.


La rivolta non può che essere totale

C’è una sola via da percorrere: la rivolta totale. Per questo mi rivolgo ai giovani, per primi, pur senza dimenticare gli altri. Per definizione, i giovani sono l’unico avvenire e la storia ha dimostrato che nei momenti decisivi sono in prima linea. Thomas Elek, combattente del gruppo Manouchian, fucilato dai nazisti all’età di diciannove anni. Wolf Wajsbrot, anche lui di diciotto anni. Robert Witchitz, diciannove anni. Maurice Fingercwajg, vent’anni. Spartaco Fontanot, ventidue anni. Marcel Rajman, vent’anni. Missak Manouchian, il loro leader, era un “vecchio” di trentasette anni. Erano loro gli eroi della mia giovinezza, cullata dalle grandi gesta della lotta armata contro il nazismo e i suoi scagnozzi francesi. Più tardi sono entrati nel mio Pantheon personale Louise Michel, Élisée Reclus, Emma Goldman, Nestor Makhno e Buenaventura Durruti.


Li cito per cercare di essere chiaro. È arrivato il momento di tagliare i ponti, di brûler ses vaisseaux (“bruciare le navi”): ho un debole per questa espressione, anche se sembra provenire dai conquistatori. Ma dopo tutto, non siamo noi dei fieri conquistatori della vita? L’espressione significa che non si può tornare indietro. Una volta lanciato l’assalto, si va avanti, si combatte. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Agatocle di Siracusa, intorno al 311 a.C., fece bruciare le sue navi quando sbarcò le truppe in Africa. Si dice che Guglielmo il Conquistatore abbia fatto lo stesso nel 1066, quando decise di invadere l’attuale Inghilterra. E lo stesso vale per l’abominevole Hernan Cortès, che distrusse la civiltà azteca dopo il 1319.


Perché questo richiamo? Mi sembra ovvio. Se siamo d’accordo sui fatti che constatiamo, non possiamo più esitare. La storia ci chiama, ed è una grande divoratrice di energie. Io non auspico la violenza. Anzi, la rifiuto. Ma la ribellione generale che invoco dovrà trovare la sua strada in mezzo a molti pericoli. Nessuno è indovino. Se bastasse prendere una manciata di sale, come ha fatto Gandhi, tanto meglio. Se bastasse l’incredibile coraggio di un Nelson Mandela del futuro, tanto meglio. Ma devo confessare che ho dei dubbi. La mia personale certezza è che non dobbiamo fidarci di nessuno se non di noi stessi. Né dei governi, né degli industriali, nemmeno dei partiti politici che hanno dimostrato mille volte la loro inutilità. Tutti? Potrei essere criticato, ma sì, tutti. Rivolgersi a loro è una perdita di tempo. Rivolgersi ai governi è una perdita di tempo. Rivolgersi a chiunque perché risolva il problema è una perdita di tempo.


Dobbiamo – dovete – inventare nuove forme, adatte a ciò che l’umanità non ha mai conosciuto. L’ossessionante crisi climatica non può essere combattuta con le armi del passato, quando si pensava che le società umane fossero imperiture.


Ho detto che vi invidiavo. Ed è vero. Ma ho anche paura per voi. L’obiettivo da raggiungere è il più difficile che l’umanità abbia affrontato nei due milioni di anni in cui è stata sulla Terra, dall’Homo habilis in avanti. Dobbiamo rimettere insieme il mondo, senza mai dimenticare che noi non siamo come gli altri. I nostri valori ci obbligano a mantenere sacro il nostro senso di umanità. È difficile. Sarà difficile. Altrimenti non ne varrebbe la pena.


Il momento è arrivato. La campana sta suonando da un capo all’altro di questa Terra che tanto amiamo, ed è folle chi farà finta di non sentirla. È arrivato il momento, e non ce ne sarà un altro. È adesso. Alzatevi in piedi.

lunedì 6 gennaio 2025

IL CANTO DEL PELLEGRINO (Liberamente ispirato al poema druidico Kat Godeu di Taliesin)






Io sono stato nella schiuma nel mare,
nel luccicare di una spada,
nel fuoco di un incendio divampante,
nella trasparenza del più inebriante tra i liquori.
Sono stato un bambino, un vecchio saggio,
una madre che partoriva.
Sono stato la volubilità della luna d'argento,
la luce della stella più brillante
e il più lontano tra i pianeti.
Sono stato una roccia immutabile,
per più di mille anni.
Sono stato il sentimento travolgente di una donna
tra le braccia del suo amante,
il desiderio selvaggio di un uomo
per l'oggetto delle sue fantasie più segrete.
Sono stato la forza del vento, la crudeltà del mare in tempesta,
la malinconia di un cielo grigio prima della bufera.
Sono stato le lacrime di dolore di un amore spezzato,
il sorriso sulle labbra di un neonato,
la stanza occulta dei segreti del cuore.
Sono stato l'alba di una civiltà
e poi ognuna delle sue conquiste,
sono stato le statue d'oro dei suoi idoli
e la polvere delle rovine dei suoi templi,
spazzati via dalla falce del Tempo.
Sono stato una parola in un libro,
e l'intera biblioteca di Alessandria.
Sono stato tutto ciò, eppure non conosco ancora il mondo.
Sono stato il dardo fiammeggiante del sole di agosto
e il gelo inesorabile del solstizio di inverno;
eppure, ad ogni stagione, quando la Ruota gira
e il miracolo della natura si rinnova,
mi inginocchio e ringrazio la Terra.
Sono stato un intero popolo distrutto dalle carestie e dalle guerre,
una famiglia cancellata da una terribile pestilenza,
o da un uragano.
Sono stato nelle fosse comuni, nei corpi bruciati degli innocenti,
nelle donne violate e rapite,
nei corpi straziati degli uomini uccisi da un loro fratello,
ma riesco ancora a levare la mia voce e pregare
e la mia fede è intatta.
Perché ho conosciuto le acque stagnanti, ma anche le sorgenti,
ho conosciuto l'odio dell'omicida e l'invidia del rancoroso,
ma anche l'amore senza condizioni e la generosità senza limiti,
ho conosciuto l'avidità e l'avarizia dell'usuraio,
il tradimento del vigliacco, la mancanza di scrupoli dello sfruttatore,
ma anche il potere incommensurabile
del gesto compiuto senza attaccamento alcuno,
il sacrificio di una vita per salvarne un'altra,
il donare tutto ciò che si possiede senza condizioni.
Ho continuato a esistere e a rivelarmi nel mondo,
perché il mondo potesse rivelarsi a me:
nel volo di una farfalla o nel balenare di un lampo,
in ogni moto del cuore, nella luce e nell'ombra.
Quando la mia essenza avrà attraversato
ogni bagliore della creazione,
quando non saprò più dire "me"
senza alludere all'intero universo,
solo allora
potrò essere Libero.

traduzione proposta e testo inglese


Taliesin (534 circa – 599 circa) è stato un poeta britannico, il più antico poeta di lingua gallese del quale siano sopravvissute alcune opere.



venerdì 8 novembre 2024

Il discorso storico di Duccio Galimberti:* “Chiediamo giustizia, non vendetta”

Il celebre intervento del partigiano a Cuneo: «La dittatura ci ha tolto la dignità. La deposizione di Mussolini non basta, la guerra continua fino alla cacciata dell’ultimo tedesco»


*https://it.wikipedia.org/wiki/Duccio_Galimberti



***

Cittadini di Cuneo, Italiani, la notizia che da tanto tempo attendevamo è giunta. Mussolini è stato deposto o, come dice l’eufemistico comunicato di Sua Maestà il Re, ha rassegnato le dimissioni. Da giorni aspettavamo qualcosa del genere. La situazione militare e sociale dell’Italia si era fatta insostenibile. Ogni giorno nuove sconfitte si aggiungevano a quelle patite sul fronte africano e su quello russo. Metà della Sicilia è stata occupata dagli Angloamericani. Ogni giorno centinaia di soldati italiani cadono in combattimento e tanti civili muoiono sotto i bombardamenti. Molte città sono colme di macerie. Dove non si muore per armi, si rischia di morire di fame. Manca il pane, manca l’indispensabile per vivere.


Siamo arrivati a questo punto per una guerra assurda imposta al paese da una dittatura che ha distrutto non solo la vita pubblica della nostra patria, ma anche la sua dignità e il suo onore. L’iniziativa del Re è stata accolta con tripudio dal popolo italiano. Ovunque la folla festante invade le piazze, abbatte i simboli del regime, riscopre la gioia del parlare di politica, di lanciare slogan senza il terrore della denuncia e dell’arresto. Tutti noi partecipiamo a questo sentimento. Tutti noi viviamo il senso di liberazione che la caduta della dittatura suscita. Ma non lasciamoci prendere dall’entusiasmo ingenuo. La deposizione di Mussolini non riporta indietro le lancette della storia, come se vent’anni di regime non fossero mai esistiti e l’Italia potesse riavere di colpo libertà, pace e benessere. Il Duce non è stato travolto da una rivoluzione popolare, ma da una manovra di palazzo. Anche noi sentiamo gridare «Viva il Re», «Viva Badoglio», sappiamo però che la rottura tra il Re e Mussolini è giunta molto tardi, dopoché tanto sangue italiano è stato vanamente versato per soddisfare le ambizioni sfrenate di un dittatore. Ancor più siamo preoccupati per gli obiettivi che intende perseguire il nuovo governo e per i metodi con cui vuole agire. 

Il maresciallo Badoglio, ora primo ministro, nel suo messaggio alla nazione ha dichiarato: «La guerra continua a fianco dell’alleato germanico. L’Italia mantiene fede alla parola data, gelosa custode delle sue millenarie tradizioni» e ha aggiunto: «Chiunque turbi l’ordine pubblico sarà inesorabilmente colpito». Ora io mi chiedo: come può continuare la guerra a fianco dei tedeschi e come possono al contempo le millenarie, o anche solo secolari, tradizioni nazionali essere rispettate? Il balcone da cui vi parlo, affiancato da tanti amici, sinceri patrioti, di diverso orientamento politico, è quello stesso dal quale nel novembre 1918 mio padre assieme a voi cuneesi salutò la battaglia di Vittorio Veneto, la sconfitta degli Imperi centrali e, con la liberazione di Trento e Trieste, il compimento del Risorgimento. È contro il dominio austro germanico che il popolo italiano ha dovuto combattere per conquistare la sua indipendenza. E allora, se crediamo nel destino e nel senso della storia dell’Italia, noi ribattiamo che, sì, la guerra continua, ma fino alla cacciata dell’ultimo tedesco, fino alla scomparsa delle ultime vestigia del regime fascista, fino alla vittoria del popolo italiano che si ribella contro la tirannia mussoliniana. Ma forse, potrebbe obiettare qualcuno, il Re e Badoglio agiscono in modo contraddittorio e occulto perché pensano di poter gradualmente uscire dal conflitto senza che l’Italia debba patire danni ulteriori. Come pensano di poter ingannare i tedeschi? Da quando gli Angloamericani sono sbarcati in Sicilia, molte Divisioni tedesche hanno attraversato le Alpi e non tutte si sono dirette in Sicilia a combattere, ma hanno preso posizione in altri punti strategici della penisola. L’invasione dell’Italia da parte germanica è già cominciata. Per questo non possiamo accodarci a una oligarchia che cerca, buttando a mare Mussolini, di salvare se stessa a spese degli italiani. Il Re e Badoglio con le loro mosse miopi e grette rischiano di consegnarci indifesi e impreparati nelle mani di un feroce occupante. Rischiano anche di far risorgere o lasciar vivere più rigoglioso di prima il fascismo, anche se orfano del Duce. La Milizia è stata messa al sicuro, inserendola nell’Esercito: un riconoscimento mai ottenuto neppure negli anni di maggior forza del regime. I fascisti possono continuare a camminare impettiti per le strade e esibire il loro potere. Gli antifascisti che in questi anni hanno osato sfidare il carcere o il confino restano in prigione, e molti altri sono destinati a raggiungerli in quei luoghi di sofferenza. Mentre io parlo, le autorità militari stanno traducendo in bandi le direttive di Badoglio e del generale Roatta, che impongono il coprifuoco, proibiscono ogni manifestazione e minacciano il ricorso alle armi contro i civili. Sono ordini spietati che vengono motivati con le esigenze di guerra. Ma la loro guerra è incompatibile con la volontà di liberazione e di rinnovamento del paese.

L’Italia vuole liberarsi dal giogo della dittatura e vuole anche farla finita con la barbarie nazista che tante rovine ha portato all’Europa. La guerra continuerà, perché i tedeschi e i loro complici fascisti non rinunceranno a perdere le posizioni di forza possedute in Italia. La guerra dovrà quindi continuare, ma non sarà quella di cui parla il maresciallo Badoglio: sarà guerra di Liberazione contro i tedeschi e i fascisti. Il prezzo da pagare sarà alto e andrà ad aggiungersi a quelli già pagati dall’inizio della guerra, anzi i patrioti saranno costretti a prendere le armi non solo contro i tedeschi, ma anche contro i fascisti. Sarà una pena atroce combattere contro degli italiani, ma inevitabile. Pensate: come è possibile che una nazione la quale per vent’anni ha sopportato le continue violazioni dei diritti e della dignità umana da parte di una dittatura, fino alla proclamazione delle guerre di aggressione, in poche ore ne venga liberata dall’alto da chi fino a ieri spartiva il potere con Mussolini oppure da un esercito straniero, sia pure inviato da paesi democratici? No, il Risorgimento non sarebbe stato possibile senza il sangue versato dai cospiratori di Mazzini, senza l’eroismo e l’audacia di Garibaldi. Solo una libera scelta, compiuta dal basso, di massa, può riscattare gli Italiani dalla vergogna di vent’anni di fascismo. Sarà una guerra popolare e nazionale; dunque, combattuta volontariamente dal popolo preparato e guidato da chi è consapevole della gravità del momento storico. Una guerra che esige, accetta e anzi cerca, il sacrificio non mai è sterile, mai. Soltanto essa, tramontate le menzogne e le illusioni del regime, può creare i nuovi valori morali di cui l’Italia ha bisogno. Soltanto essa può garantire all’Italia quella vera pace a cui aneliamo, contribuendo alla costruzione di un nuovo ordine europeo democratico e confederale. Non potrà essere una parte politica sola a costruire o ricostruire quei valori. Proprio qui nel mio studio, si sono or ora incontrati esponenti dei Partiti liberale, socialista e comunista, della Democrazia Cristiana e del Partito d’Azione. Assieme abbiamo costituito un Comitato provinciale provvisorio che lancerà un appello alla popolazione. Chiediamo giustizia, non vendetta. Vogliamo che le insegne fasciste siano rimosse anche dai luoghi presidiati dalle forze militari, al gen. Vasarri comandante di zona avanzeremo questa richiesta e inoltre chiederemo che le direttive sull’ordine pubblico siano applicate con prudenza e buon senso. Dodici ore fa, dopo vent’anni di oppressione, abbiamo riconquistato la libertà. Non vogliamo separarcene mai più. W l’Italia, W la libertà!



 Duccio Galimberti a Cuneo 

martedì 8 ottobre 2024

Tatanga Mani-Assiniboine-(Stoney) Nakota

 Ringrazio il caro amico e fratello Antonio Marra 

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Voi non avete capito le nostre preghiere. Non avete mai cercato per una volta di capirle. Quando noi cantavamo le nostre canzoni di lode al sole, alla luna o al vento, pregavamo idoli ai vostri occhi. Senza capirci, e solo perché il nostro modo di preghiera era diverso dal vostro, ci avete condannato come anime perse.
Noi vedevamo l'opera del Grande Spirito nella sua intera Creazione: nel sole, nella luna, negli alberi, nei monti e nel vento. Talvolta ci avvicinavamo a Lui per mezzo di quello che aveva creato. Questo era forse cosi male? Io so che noi crediamo con tutto il cuore all' Essere Supremo, e la nostra fede è forse più forte di quella di tanti bianchi, che ci chiamano pagani. I selvaggi rossi furono sempre più intimamente uniti alla natura dei selvaggi bianchi. La natura è il libro di quella Grande Forza che voi chiamate Dio e che noi chiamiamo Grande Spirito.
Che gran differenza fa già un nome..

(Tatanga Mani-Assiniboine-(Stoney) Nakota)

lunedì 2 settembre 2024

Il Padre Nostro di Peter Coryllis *




La stella quacchera, utilizzata a partire dal XIX secolo e tutt'oggi ancora in uso

PREMESSA. 

Ringrazio l 'amico FB Gianluigi Quaranta  che ha condiviso il  Il Padre Nostro di Peter Coryllis citando come fonte Maurizio Benazzi (Società degli amici, quaccheri)


***

Padre nostro che sei confinato nei cieli, infangato è il tuo nome. Di ogni grazia si è fatto abuso. La tua volontà è stata calpestata. Il tuo amore è stato vilipeso. In cielo tu sei glorificato ma sulla terra tu sei assassinato. Il nostro pane ammuffirà perché il nostro debito ci afferra alla gola e ci sono ancora solo debitori sulla terra perché tutti siamo ormai debitori. Nella tentazione non solo abbiamo ceduto, l’abbiamo anche apertamente e sfacciatamente coltivata. E il male è ormai senza confini.

Amen.


 * Peter Coryllisnato il 19 luglio 1909 a Hainichen / Sassonia ; † 10 luglio 1997 a Sögel / Emslandiglio di un direttore di stabilimento . Ha frequentato la scuola commerciale , poi ha completato la formazione commerciale e poi ha lavorato come apprendista presso un quotidiano . Ha viaggiato molto, anche in Africa occidentale e in Medio Oriente . Durante il Terzo Reich fu arrestato più volte e condannato a morte per disfattismo  ; trascorse complessivamente cinque anni nei campi di concentramento .

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Peter Coryllis ha lavorato come consulente economico e fiscale . Dal 1952 visse a Dülmen / Vestfalia , dove dal 1958 fu al centro del “ Circolo degli amici ”, che lo sostenne nella pubblicazione delle sue opere letterarie. Nel 1983 Coryllis si trasferì a Walchum nell'Emsland , dove visse fino alla sua morte.

L'opera letteraria di Peter Coryllis comprende opere narrative , saggi , aforismi , poesie e opere teatrali . Ha pubblicato anche numerose serie liriche, volumi di poesie di autori amici e antologie .


Peter Coryllis era membro del “ Gruppo di interesse degli autori di lingua tedesca ”, dell'associazione degli artisti Malkasten di Düsseldorf , del Gruppo internazionale degli scrittori di Ratisbona , della “ Società degli amici della poesia di Innsbruck ” e del “ Turmbund ” di Innsbruck. Ha ricevuto il primo premio al concorso letterario Malkasten nel 1973 e il premio letterario Graphicum nel 1989 .

venerdì 2 agosto 2024

Dedicata ad un noto eurodeputato alla sua prima legislatura (dal web )






Un uomo bianco benestante entra in un bar a Miami. Appena varca la soglia, nota una donna africana  seduta in un angolo. Si avvicina al bancone, tira fuori il portafoglio e grida:


"BARISTA!! Offro da bere a tutti nel bar, TRANNE che a quella donna nera laggiù!" Il barista raccoglie il denaro e inizia a servire drink gratuiti a tutti, tranne che alla donna africana.


Invece di arrabbiarsi, la donna nera alza semplicemente lo sguardo verso di lui e esclama: "Grazie!"


Questo infuria l'uomo benestante. Così, una volta ancora, estrae il portafoglio e grida: "Cameriere! Questa volta offro bottiglie di vino e cibo per tutti nel bar, tranne che per quell'africana seduta nell'angolo!" Il barista raccoglie i soldi e inizia a servire cibo e vino gratuito a tutti, tranne che all'africana.


Quando termina di servire, la donna africana sorride semplicemente all'uomo e dice: "Grazie!"


Questo lo fa infuriare ulteriormente. Così si sporge oltre il bancone e chiede al barista: "Che problemi ha quella donna nera? Ho offerto cibo e bevande a tutti, tranne che a lei, e invece di arrabbiarsi, lei resta lì, sorride e mi grida 'Grazie'. È pazza?"


Il barista sorride all'uomo benestante e risponde:


"No, non è pazza. È la PROPRIETARIA di questo locale."

mercoledì 31 luglio 2024

“La parabola della disattenzione”.



I dervisci prediligono questa storia-insegnamento, talvolta chiamata “La parabola della disattenzione”. È un racconto popolare molto diffuso, le cui origini sono andate perdute. Alcuni lo hanno attribuito ad Hadrat Ali, il Quarto Califfo. Altri affermano che questa storia è talmente importante da essere stata trasmessa segretamente dal Profeta stesso. Non la si ritrova, comunque, in nessuna delle tradizioni attribuite al Profeta.

La forma letteraria qui presentata è opera di un derviscio sconosciuto del XVII secolo, Amil-Baba, il cui manoscritto insiste sul fatto che “il vero autore è colui la cui opera è anonima, in modo che nulla possa interporsi tra lo studente e il materiale studiato”


***

La Parabola della disattenzione

C’era una volta un uomo buono che aveva passato tutta la sua vita a coltivare le qualità raccomandate a coloro che vogliono guadagnarsi il paradiso. Egli era molto generoso con i poveri, amava e serviva i suoi simili. Ricordandosi della necessità di avere pazienza, aveva sopportato molte prove dolorose e imprevedibili, spesso per altruismo. Aveva viaggiato alla ricerca della conoscenza. La sua umiltà e il suo comportamento erano talmente esemplari che la sua reputazione di saggio e di buon cittadino si era diffusa ai quattro angoli della terra.

Egli esercitava effettivamente tutte queste qualità, ogni volta che se ne ricordava. Tuttavia, aveva un difetto: la disattenzione. Questa tendenza non era molto marcata in lui ed egli si diceva che, ‘in confronto a tutte le sue virtù, poteva tutt’al più essere considerata un piccolo difetto. C’erano dei poveri che trascurava di aiutare perché, di tanto in tanto, era insensibile ai loro bisogni. Anche l’amore e il servizio venivano talvolta dimenticati, quando sorgevano in lui quelli che considerava bisogni personali o, perlomeno, desideri.

Egli amava molto dormire, e quando era addormentato gli capitava di perdere delle occasioni – occasioni di cercare la conoscenza o di assimilarla, di praticare la vera umiltà, di accrescere il numero delle sue buone azioni – e queste occasioni passavano e non si ripresentavano più.

Sia le qualità che aveva esercitato, sia la caratteristica della disattenzione, lasciarono la loro impronta sulla sua essenza.

Alla fine egli morì. Quando si ritrovò nell’aldilà, sulla strada che conduce alle porte del Giardino Cintato, l’uomo si fermò un istante per esaminare la sua coscienza e concluse che aveva sufficienti probabilità di varcare le porte del paradiso.

Tuttavia, vide che le porte erano chiuse. Fu allora che una voce tuonò: “Sta’ attento, perché le porte si aprono solo una volta ogni cento anni”. Allora si sedette per aspettare, tutto eccitato da quella prospettiva, ma non avendo più occasione di esercitare le sue virtù per il bene dell’umanità, si accorse che la sua capacità di attenzione era insufficiente. Dopo aver vegliato per un tempo che gli sembrò un secolo, la testa gli cominciò a ciondolare sotto l’effetto del sonno. Le sue pupille si chiusero per un istante.

E fu proprio in quell’attimo fuggente che le porte si spalancarono. Prima ancora che i suoi occhi si fossero completamente riaperti, le porte si richiusero con un frastuono tale da risvegliare i morti.


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