L’acqua che nei Vangeli scorre limpida e tranquilla sembra schiumare nelle lettere di Paolo. O, almeno, così pare a me. Forse è proprio la mia impurità a scorgervi il torbido: perché, infatti questa impurità non potrebbe inquinare la limpidezza? Per me, però, è come se qui vedessi una passione umana, qualcosa come orgoglio o ira, che non combacia con l’umiltà dei Vangeli. Come se nonostante tutto ci fosse qui un’accentuazione della propria persona, e proprio come atto religioso, il che è estraneo al Vangelo. Vorrei domandare – e non vorrei che fosse una bestemmia: «Che cosa può aver detto davvero Cristo a Paolo?» […]. Nei Vangeli – così mi sembra – è tutto più schietto, più umile, più semplice. Là ci sono capanne; in Paolo, una chiesa. Là tutto gli uomini sono uguali e Dio stesso è un uomo; in Paolo c’è già qualcosa come una gerarchia; gradi e cariche.
L. WITTGENSTEIN, Pensieri diversi, edizione italiana a cura di M. Ranchetti, Adelphi, Milano 1988, p. 66 (appunti del 1937).
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