mercoledì 28 settembre 2022

MANIFESTO DEL DIRITTO PENALE E DEL GIUSTO PROCESSO



sono sempre attuali le parole di Giuseppe Zanardelli pronunciate il 15 febbraio 1875: «L’avvocatura può dirsi essere non una professione soltanto ma una istituzione, che si lega con vincoli invisibili a tutto l’organamento politico e sociale. L’avvocato senza avere pubblica veste, senza essere magistrato, è strettamente interessato all’osservanza delle leggi, veglia alla sicurezza dei cittadini, alla conservazione delle libertà civiche, porta la sua attenzione su tutti gli interessi, ha gli occhi aperti su tutti gli abusi, ed è chiamato a segnalarli senza usurpare i diritti delle autorità [...] l’avvocato, involto in tutte le agitazioni, in tutte le tempeste, in tutte le lotte della società, deve continuamente difendere i diritti che voglionsi conculcare, le persone di coloro su cui grava l’odiosa mano dell’arbitrio, deve affrontare con serena costanza ogni amarezza ed ogni pericolo per combattere impavidamente, pensoso più d’altrui che di sé stesso, qualsiasi ingiustizia o pressione ed abuso».



Perché il diritto penale non può non essere liberale


La materia che etichettiamo come diritto penale –sostanziale e processuale- ci porta a un nucleo comune ed essenziale: esso è specifico ed appartiene alla filosofia pratica del penalista, potremmo dire alla sua deontologia. Liberale, liberalismo, sono lemmi policromi, che si riempiono di significati diversi a contatto con le esperienze storiche degli ultimi due secoli. Il liberalismo si connota come pensiero politico riconducibile alla filosofia pratica, alla tradizione di un sapere critico capace di individuare i valori che orientano l’azione umana. Il diritto si misura con le azioni umane e il diritto penale, sostanziale e processuale, interroga da vicino, in maniera necessaria, il rapporto tra agire umano, libertà e ragioni che ne giustificano la restrizione. Ma torniamo all’affermazione iniziale: perché chi esercita, a vario titolo, il mestiere delle leggi penali non può non dirsi liberale. Una delle ragioni che attribuiscono alla “libertà liberale” la forza di un fermento che attraversa la storia superandone i momenti più oscuri sta nel distinguersi dalle teologie secolarizzate. Il nucleo del pensiero liberale è costituito, da un lato, dalla protezione dei diritti individuali, civili e politici; dall’altro, dal delineare una organizzazione del potere capace di tutelarli e garantirli.

A questo contribuiscono alcuni fattori essenziali, che fanno marciare nella medesima direzione liberalismo e democrazia:

a) l’idea di istituzioni rappresentative, che sostituisce all’utopia della democrazia diretta la competizione davanti all’opinione pubblica;
b) lo Stato costituzionale, cioè un governo e un legislatore limitati da una Costituzione scritta e rigida, con leggi frutto di procedure predeterminate;
c) la tutela e la garanzia dei diritti civili dell’individuo contro gli abusi dello Stato, delle maggioranze e dei gruppi, come elemento capace di confermare -rendendola giustiziabile- l’essenza del liberalismo.

Vi è un’attribuzione di significato non rinunciabile al sintagma “diritto penale”: quella che pone l’accento sul primo termine –diritto a scapito di una prevalenza della funzione del punire. Il diritto penale “liberale” fornisce, nel nostro campo, gli argini da opporre al facile asservimento dell’afflizione punitiva al perseguimento di ideologie o di scorciatoie demagogiche. Si tratta di avere la precisa cognizione dei rapporti di potere che si esprimono nella più grave ed invasiva forma di coercizione della libertà individuale; di maturare la consapevolezza che questo strumento terribile si può legittimare solo nel contesto di una rappresentanza democratica, di istituzioni non onnipotenti che agiscono nel solco della separazione dei poteri.


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