mercoledì 15 aprile 2020

Grande e Santo MercolediVespro e Divina Liturgia dei Doni Presantificati -





Lettura del libro dell’Esodo (2, 11-23).

Esodo 2,11-23

11 In quei giorni, Mosè, già diventato adulto, andò a trovare i suoi fratelli; notò i lavori di cui erano gravati e vide un Egiziano che percoteva uno degli Ebrei suoi fratelli. 12 Egli volse lo sguardo di qua e di là e, visto che non c'era nessuno, uccise l'Egiziano e lo nascose nella sabbia. 13 Il giorno seguente uscì, vide due Ebrei che litigavano e disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo compagno?» 14 Quello rispose: «Chi ti ha costituito principe e giudice sopra di noi? Vuoi forse uccidermi come uccidesti l'Egiziano?» Allora Mosè ebbe paura e disse: «Certo la cosa è nota». 15 Quando il faraone udì il fatto, cercò di uccidere Mosè, ma Mosè fuggì dalla presenza del faraone, e si fermò nel paese di Madian e si mise seduto presso un pozzo.
16 Il sacerdote di Madian aveva sette figlie. Esse andarono al pozzo ad attingere acqua per riempire gli abbeveratoi e abbeverare il gregge di loro padre. 17 Ma sopraggiunsero i pastori e le scacciarono. Allora Mosè si alzò, prese la loro difesa e abbeverò il loro gregge. 18 Quando esse giunsero da Reuel, loro padre, questi disse: «Come mai siete tornate così presto oggi?» 19 Esse risposero: «Un Egiziano ci ha liberate dalle mani dei pastori, per di più ci ha attinto l'acqua e ha abbeverato il gregge». 20 Egli disse alle figlie: «Dov'è? Perché avete lasciato là quell'uomo? Chiamatelo, ché venga a prendere del cibo». 21 Mosè accettò di abitare da quell'uomo. Egli diede a Mosè sua figlia Sefora. 22 Ella partorì un figlio che Mosè chiamò Ghersom; perché disse: «Abito in terra straniera».
23 Durante quel tempo, che fu lungo, il re d'Egitto morì. I figli d'Israele gemevano a causa della schiavitù e alzavano delle grida; e le grida che la schiavitù strappava loro salirono a Dio.


Giobbe 2,1-13
1 Quando un giorno i figli di Dio andarono a presentarsi al Signore, anche satana andò in mezzo a loro a presentarsi al Signore. 2 Il Signore disse a satana: «Da dove vieni?». Satana rispose al Signore: «Da un giro sulla terra che ho percorsa». 3 Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male. Egli è ancor saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui, senza ragione, per rovinarlo». 4 Satana rispose al Signore: «Pelle per pelle; tutto quanto ha, l'uomo è pronto a darlo per la sua vita. 5 Ma stendi un poco la mano e toccalo nell'osso e nella carne e vedrai come ti benedirà in faccia!». 6 Il Signore disse a satana: «Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita».
7 Satana si allontanò dal Signore e colpì Giobbe con una piaga maligna, dalla pianta dei piedi alla cima del capo. 8 Giobbe prese un coccio per grattarsi e stava seduto in mezzo alla cenere. 9 Allora sua moglie disse: «Rimani ancor fermo nella tua integrità? Benedici Dio e muori!». 10 Ma egli le rispose: «Come parlerebbe una stolta tu hai parlato! Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremo accettare il male?».
In tutto questo Giobbe non peccò con le sue labbra.
11 Nel frattempo tre amici di Giobbe erano venuti a sapere di tutte le disgrazie che si erano abbattute su di lui. Partirono, ciascuno dalla sua contrada, Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita, e si accordarono per andare a condolersi con lui e a consolarlo. 12 Alzarono gli occhi da lontano ma non lo riconobbero e, dando in grida, si misero a piangere. Ognuno si stracciò le vesti e si cosparse il capo di polvere. 13 Poi sedettero accanto a lui in terra, per sette giorni e sette notti, e nessuno gli rivolse una parola, perché vedevano che molto grande era il suo dolore



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Matteo 26,6-16

6 Mentre Gesù era a Betania, in casa di Simone il lebbroso, 7 venne a lui una donna che aveva un vaso di alabastro pieno d'olio profumato di gran valore e lo versò sul capo di lui che stava a tavola. 8 Veduto ciò, i discepoli si indignarono e dissero: «Perché questo spreco? 9 Quest'olio si sarebbe potuto vendere caro e dare il denaro ai poveri». 10 Ma Gesù se ne accorse e disse loro: «Perché date noia a questa donna? Ha fatto una buona azione verso di me. 11 Perché i poveri li avete sempre con voi, ma me non mi avete sempre. 12 Versando quest'olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura. 13 In verità vi dico che in tutto il mondo, dovunque sarà predicato questo vangelo, anche ciò che ella ha fatto sarà raccontato in memoria di lei».
14 Allora uno dei dodici, che si chiamava Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti, 15 e disse loro: «Che cosa siete disposti a darmi, se io ve lo consegno?» Ed essi gli fissarono trenta sicli d'argento. 16 Da quell'ora cercava il momento opportuno per consegnarlo.

Kondakion, ton 4 
iù della prostituta ho peccato, o Buono, non ti ho offerto fiumi di lacrime, ma pregando in silenzio cado davanti a Te. Con amore abbraccio i tuoi purissimi piedi. Come Maestro dammi la remissione dei debiti. Quando grido a Te : liberami dalla sporcizia delle mie azioni!



Poema della monaca Cassiana
(IX sec.)

Cantato alla fine dell’Orthros (Mattutino) nel Mercoledì
della Grande e Santa Settimana

La donna caduta in molti peccati,
sente la tua divinità, o Signore,
e, assumendo l’ufficio di mirófora[2],
ti offre il myron con le lacrime
prima della tua sepoltura.

Ahimé, dice, per me è notte senza luce di luna,
furore tenebroso d’incontinenza,
amore di peccato!

Accetta i torrenti delle mie lacrime,
tu che attiri nelle nubi l’acqua del mare.
Piegati ai gemiti del mio cuore,
tu che hai piegato i cieli nel tuo ineffabile annientamento.

Bacerò i tuoi piedi immacolati,
li asciugherò con i riccioli del mio capo,
quei piedi, di cui Eva a sera percepì il suono
dei passi nel Paradiso
e per timore si nascose.

Chi investigherà la moltitudine dei miei peccati
E l’abisso dei tuoi giudizi,
o mio Salvatore, che salvi le anime?
Non disprezzare la tua serva,
tu che possiedi incommensurabile la misericordia!


 Il tropario dell'innografa Cassianì è uno dei testi per il mercoledì santo che viene cantato al mattutino e al vespro. Di bellezza e profondità uniche nel suo genere, è stato scritto da una monaca che visse a Costantinopoli nella prima metà del IX secolo. Canta l'unzione che la donna peccatrice riservò a Gesù prima della sua passione. La figura delle donne mirofore - portatrici di unguento (myron) - è nei vangeli, sia prima della passione di Cristo sia dopo la sua risurrezione. Il tropario non precisa l'identità della donna: una peccatrice, come viene presentata da Matteo e da Marco; oppure Maria sorella di Lazzaro, come viene presentata da Giovanni. Il testo è un canto alla misericordia, al perdono e all'amore eterno di Dio per l'uomo, pur peccatore.
La donna peccatrice percepisce la divinità di Cristo, il suo potere di guarire, la sua forza per perdonare e salvare. Il processo della sua conversione è presentato con l'immagine dell'assumere il ruolo di mirofora, che offrendo a Cristo l'unguento in previsione della sua sepoltura, come nel vangelo di Giovanni. E dopo la risurrezione sarà Cristo stesso a dare all'umanità redenta se stesso come unguento di salvezza.
"Ahimé, sono prigioniera di una notte senza luce di luna, furore tenebroso di incontinenza, amore di peccato! Accetta i torrenti delle mie lacrime, tu che attiri nelle nubi l'acqua del mare. Piègati ai gemiti del mio cuore, tu che hai piegato i cieli nel tuo ineffabile annientamento". La seconda parte del poema è la preghiera accorata della donna a Cristo. Il primo versetto non si riferisce soltanto all'oscurità dell'anima peccatrice, ma anche alla Pasqua celebrata nel giorno di luna piena. Essendo tutto il tropario indirizzato a Cristo, l'autrice usa immagini cristologicamente contrastanti per sottolineare sia la vera divinità di Cristo che la sua vera umanità, immagini che tra loro si completano. Sono da notare anche i due imperativi messi da Cassianì in bocca della donna: "accetta" e "piègati", forme verbali che danno l'idea della grande fiducia e libertà dell'uomo nei confronti di Dio.
"Bacerò i tuoi piedi immacolati, li asciugherò con i riccioli del mio capo, quei piedi di cui Eva a sera percepì il suono dei passi nel paradiso e per timore si nascose. Chi mai potrà scrutare la moltitudine dei miei peccati e l'abisso dei tuoi giudizi, o mio Salvatore, che salvi le anime?". La terza parte presenta l'atteggiamento della donna: il suo amore verso Cristo, che nel poema è chiaramente anche il Creatore che cammina nel paradiso e di cui Eva sente i passi. Il tema del Logos creatore è frequente nei Padri, ma nel testo è singolare la bellezza dell'immagine che accosta i piedi di Cristo baciati dalla donna ai piedi di cui Eva sente il suono nel paradiso. I peccati della donna sono moltitudine; ma i giudizi e le decisioni di Cristo nei suoi confronti sono un abisso di misericordia, evocata nella preghiera conclusiva: "Non disprezzare la tua serva, tu che possiedi incommensurabile la misericordia!".

(senza problema alcuno autore della riflessione il fratello greco cattolico  e  vescovo MANUEL NIN)









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