Partirono.
Lievi, lievi, planarono dal cielo sulla Terra, puntando verso una miriade di lumi: erauna grandissima città. Ed eccoli, il somarello e il bue, invisibili, aggirarsi per le vie delcentro.
Trattandosi di spiriti, le automobili, gli autobus e i tram gli passavano attraversosenza danno, e a loro volta le due bestie passavano disinvoltamente attraverso imuri. Così potevano vedere tutto a loro agio. Era uno spettacolo impressionante, imille lumi delle vetrine, i festoni, le ghirlande, gli abeti e lo sterminato ingorgo diautomobili che tentavano affannosamente di andare avanti e il formicolio vertiginoso della gente che andava e veniva, entrava ed usciva, si accalcava nei negozi, si caricava di pacchi e pacchetti, tutti con un'espressione ansiosa e frenetica, come se fossero inseguiti. A quella vista il somarello sembrava divertito.
Il bue, invece, si guardava intorno con spavento.
“Senti, amico asinello, hai detto che mi portavi a vedere il Natale. Guarda che ti deviessere sbagliato. Te lo dico io: qui stanno facendo la guerra.”
“Ma non vedi come sono tutti contenti?”
“Contenti? A me sembrano dei pazzi.”
“Perché tu non sei pratico degli uomini moderni, tutto qui. Per divertirsi, per trovarela gioia, per sentirsi felici, hanno bisogno di rovinarsi i nervi.
Il bue, valendosi della sua natura di puro spirito, fece una svolazzatina e si fermò acuriosare a una finestra del settimo piano. E l'asinello, dietro.
Videro una stanza ammobiliata riccamente e nella stanza, seduta a un tavolo, una signora preoccupata. Alla sua sinistra, sul tavolo, c'era un cumulo, alto circa mezzo metro, di carte e cartoncini d'ogni colore, alla sua destra una pila di cartoncinibianchi. E la signora, sveltissima, prendeva uno dei cartoncini colorati, lo esaminava
un istante, poi consultava dei grossi volumi, subito scriveva qualcosa su uno dei cartoncini bianchi, lo infilava in una busta, scriveva qualcosa sulla busta, chiudeva la busta, quindi prendeva dal mucchio di sinistra un altro cartoncino colorato e rifacevala manovra. Le sue mani andavano così veloci che era quasi impossibile vederle.
“Ma cosa sta facendo? - chiese il bue, - perché si sta massacrando così?”
“Non si massacra. Sta solo rispondendo ai biglietti d'auguri.”
“Auguri? E a che cosa servono?”
“Niente. Assolutamente zero. Ma, chissà come, gli uomini adesso ne hanno una mania.
Si affacciarono, più in là, a un'altra finestra. E anche qui c'era gente che scriveva biglietti, la fronte bagnata di sudore. Dovunque le due bestie guardassero, eccouomini e donne che facevano pacchi, e preparavano buste, e correvano al telefono,e si spostavano da una stanza all'altra portando spaghi, nastri, carte. Dovunque arrivassero, era il medesimo spettacolo. Andare e venire, comprare e impacchettare,spedire e ricevere, imballare e sballare, chiamare e rispondere. E tutti guardavanocontinuamente l'orologio, tutti correvano, tutti ansimavano col terrore di non fare
in tempo. Per le strade, nei negozi, negli uffici, nelle fabbriche, uomini e donneparlavano fitto fitto scambiandosi l'un l'altro, come automi, delle monotone formule.
"Buon Natale, auguri, auguri, felici feste, grazie, auguri, auguri, auguri". Era un brusioche riempiva la città.
“Ma ci credono? - chiese il bue. - Lo dicono sul serio? Vogliono veramente così beneal prossimo?”
L'asinello tacque.
“Mi avevi detto - osservò il bue - che era la festa della serenità, della pace, delriposo dell'animo.”
“Già - rispose l'asinello - Una volta era così. Ma, cosa vuoi, da qualche annoall'avvicinarsi del Natale, gli uomini vengono presi da grande agitazione e noncapiscono più niente. Ascoltali del resto.”
Il bue ascoltò stupito: "Buon Natale, auguri a lei, grazie altrettanto, felici feste,grazie, auguri, auguri". Era un brusio che riempiva la città.
“E se ci ritirassimo un po' in disparte? - suggerì il bovino. – Ho ormai la testa che èun pallone. Comincio a sentire la nostalgia di quella che tu chiami atmosferanatalizia...
“Beh', in fondo anch'io - disse il somarello.
Sgusciarono in mezzo alle automobili, si allontanarono un poco dal centro, dalleluci, dal frastuono, dalla frenesia.
“Dimmi, tu che sei pratico - chiese il bue, ancora poco persuaso – ma sei propriosicuro che non siano tutti pazzi?”
“No, no, è semplicemente il Natale.”
“Ce n'è troppo di Natale, allora. Ma ti ricordi quella notte, a Betlemme, la capanna, i pastori, quel bel bambino? Era freddo, anche lì, eppure c'era una pace, unasoddisfazione. Come era diverso!”
“E' vero. E quelle zampogne lontane, che si sentivano appena appena.”
“E sul tetto come un lieve svolazzamento. Chissà che uccelli erano.”
“Uccelli? Testone di un bue che non sei altro. Erano angeli!”
“E quei tre ricchi signori che portavano regali, li ricordi? Come erano educati, comeparlavano piano, che persone distinte. Te li immagini, se capitassero in mezzo aquesta baraonda? E la stella? Non ti ricordi che razza di stella, proprio sopra lacapanna? Chissà che non ci sia ancora. Le stelle di solito hanno vita lunga.”
“Ho idea di no - disse il bue, scettico. - C'è poca aria di stelle, qui.”
Alzarono i musi a guardare, e infatti non si vedeva niente.
Sulla città c'era un soffitto di caligine e smog
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