martedì 8 ottobre 2024

Tatanga Mani-Assiniboine-(Stoney) Nakota

 Ringrazio il caro amico e fratello Antonio Marra 

***

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 1 persona

Voi non avete capito le nostre preghiere. Non avete mai cercato per una volta di capirle. Quando noi cantavamo le nostre canzoni di lode al sole, alla luna o al vento, pregavamo idoli ai vostri occhi. Senza capirci, e solo perché il nostro modo di preghiera era diverso dal vostro, ci avete condannato come anime perse.
Noi vedevamo l'opera del Grande Spirito nella sua intera Creazione: nel sole, nella luna, negli alberi, nei monti e nel vento. Talvolta ci avvicinavamo a Lui per mezzo di quello che aveva creato. Questo era forse cosi male? Io so che noi crediamo con tutto il cuore all' Essere Supremo, e la nostra fede è forse più forte di quella di tanti bianchi, che ci chiamano pagani. I selvaggi rossi furono sempre più intimamente uniti alla natura dei selvaggi bianchi. La natura è il libro di quella Grande Forza che voi chiamate Dio e che noi chiamiamo Grande Spirito.
Che gran differenza fa già un nome..

(Tatanga Mani-Assiniboine-(Stoney) Nakota)

lunedì 2 settembre 2024

Il Padre Nostro di Peter Coryllis *




La stella quacchera, utilizzata a partire dal XIX secolo e tutt'oggi ancora in uso

PREMESSA. 

Ringrazio l 'amico FB Gianluigi Quaranta  che ha condiviso il  Il Padre Nostro di Peter Coryllis citando come fonte Maurizio Benazzi (Società degli amici, quaccheri)


***

Padre nostro che sei confinato nei cieli, infangato è il tuo nome. Di ogni grazia si è fatto abuso. La tua volontà è stata calpestata. Il tuo amore è stato vilipeso. In cielo tu sei glorificato ma sulla terra tu sei assassinato. Il nostro pane ammuffirà perché il nostro debito ci afferra alla gola e ci sono ancora solo debitori sulla terra perché tutti siamo ormai debitori. Nella tentazione non solo abbiamo ceduto, l’abbiamo anche apertamente e sfacciatamente coltivata. E il male è ormai senza confini.

Amen.


 * Peter Coryllisnato il 19 luglio 1909 a Hainichen / Sassonia ; † 10 luglio 1997 a Sögel / Emslandiglio di un direttore di stabilimento . Ha frequentato la scuola commerciale , poi ha completato la formazione commerciale e poi ha lavorato come apprendista presso un quotidiano . Ha viaggiato molto, anche in Africa occidentale e in Medio Oriente . Durante il Terzo Reich fu arrestato più volte e condannato a morte per disfattismo  ; trascorse complessivamente cinque anni nei campi di concentramento .

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Peter Coryllis ha lavorato come consulente economico e fiscale . Dal 1952 visse a Dülmen / Vestfalia , dove dal 1958 fu al centro del “ Circolo degli amici ”, che lo sostenne nella pubblicazione delle sue opere letterarie. Nel 1983 Coryllis si trasferì a Walchum nell'Emsland , dove visse fino alla sua morte.

L'opera letteraria di Peter Coryllis comprende opere narrative , saggi , aforismi , poesie e opere teatrali . Ha pubblicato anche numerose serie liriche, volumi di poesie di autori amici e antologie .


Peter Coryllis era membro del “ Gruppo di interesse degli autori di lingua tedesca ”, dell'associazione degli artisti Malkasten di Düsseldorf , del Gruppo internazionale degli scrittori di Ratisbona , della “ Società degli amici della poesia di Innsbruck ” e del “ Turmbund ” di Innsbruck. Ha ricevuto il primo premio al concorso letterario Malkasten nel 1973 e il premio letterario Graphicum nel 1989 .

venerdì 2 agosto 2024

Dedicata ad un noto eurodeputato alla sua prima legislatura (dal web )






Un uomo bianco benestante entra in un bar a Miami. Appena varca la soglia, nota una donna africana  seduta in un angolo. Si avvicina al bancone, tira fuori il portafoglio e grida:


"BARISTA!! Offro da bere a tutti nel bar, TRANNE che a quella donna nera laggiù!" Il barista raccoglie il denaro e inizia a servire drink gratuiti a tutti, tranne che alla donna africana.


Invece di arrabbiarsi, la donna nera alza semplicemente lo sguardo verso di lui e esclama: "Grazie!"


Questo infuria l'uomo benestante. Così, una volta ancora, estrae il portafoglio e grida: "Cameriere! Questa volta offro bottiglie di vino e cibo per tutti nel bar, tranne che per quell'africana seduta nell'angolo!" Il barista raccoglie i soldi e inizia a servire cibo e vino gratuito a tutti, tranne che all'africana.


Quando termina di servire, la donna africana sorride semplicemente all'uomo e dice: "Grazie!"


Questo lo fa infuriare ulteriormente. Così si sporge oltre il bancone e chiede al barista: "Che problemi ha quella donna nera? Ho offerto cibo e bevande a tutti, tranne che a lei, e invece di arrabbiarsi, lei resta lì, sorride e mi grida 'Grazie'. È pazza?"


Il barista sorride all'uomo benestante e risponde:


"No, non è pazza. È la PROPRIETARIA di questo locale."

mercoledì 31 luglio 2024

“La parabola della disattenzione”.



I dervisci prediligono questa storia-insegnamento, talvolta chiamata “La parabola della disattenzione”. È un racconto popolare molto diffuso, le cui origini sono andate perdute. Alcuni lo hanno attribuito ad Hadrat Ali, il Quarto Califfo. Altri affermano che questa storia è talmente importante da essere stata trasmessa segretamente dal Profeta stesso. Non la si ritrova, comunque, in nessuna delle tradizioni attribuite al Profeta.

La forma letteraria qui presentata è opera di un derviscio sconosciuto del XVII secolo, Amil-Baba, il cui manoscritto insiste sul fatto che “il vero autore è colui la cui opera è anonima, in modo che nulla possa interporsi tra lo studente e il materiale studiato”


***

La Parabola della disattenzione

C’era una volta un uomo buono che aveva passato tutta la sua vita a coltivare le qualità raccomandate a coloro che vogliono guadagnarsi il paradiso. Egli era molto generoso con i poveri, amava e serviva i suoi simili. Ricordandosi della necessità di avere pazienza, aveva sopportato molte prove dolorose e imprevedibili, spesso per altruismo. Aveva viaggiato alla ricerca della conoscenza. La sua umiltà e il suo comportamento erano talmente esemplari che la sua reputazione di saggio e di buon cittadino si era diffusa ai quattro angoli della terra.

Egli esercitava effettivamente tutte queste qualità, ogni volta che se ne ricordava. Tuttavia, aveva un difetto: la disattenzione. Questa tendenza non era molto marcata in lui ed egli si diceva che, ‘in confronto a tutte le sue virtù, poteva tutt’al più essere considerata un piccolo difetto. C’erano dei poveri che trascurava di aiutare perché, di tanto in tanto, era insensibile ai loro bisogni. Anche l’amore e il servizio venivano talvolta dimenticati, quando sorgevano in lui quelli che considerava bisogni personali o, perlomeno, desideri.

Egli amava molto dormire, e quando era addormentato gli capitava di perdere delle occasioni – occasioni di cercare la conoscenza o di assimilarla, di praticare la vera umiltà, di accrescere il numero delle sue buone azioni – e queste occasioni passavano e non si ripresentavano più.

Sia le qualità che aveva esercitato, sia la caratteristica della disattenzione, lasciarono la loro impronta sulla sua essenza.

Alla fine egli morì. Quando si ritrovò nell’aldilà, sulla strada che conduce alle porte del Giardino Cintato, l’uomo si fermò un istante per esaminare la sua coscienza e concluse che aveva sufficienti probabilità di varcare le porte del paradiso.

Tuttavia, vide che le porte erano chiuse. Fu allora che una voce tuonò: “Sta’ attento, perché le porte si aprono solo una volta ogni cento anni”. Allora si sedette per aspettare, tutto eccitato da quella prospettiva, ma non avendo più occasione di esercitare le sue virtù per il bene dell’umanità, si accorse che la sua capacità di attenzione era insufficiente. Dopo aver vegliato per un tempo che gli sembrò un secolo, la testa gli cominciò a ciondolare sotto l’effetto del sonno. Le sue pupille si chiusero per un istante.

E fu proprio in quell’attimo fuggente che le porte si spalancarono. Prima ancora che i suoi occhi si fossero completamente riaperti, le porte si richiusero con un frastuono tale da risvegliare i morti.


https://www.facebook.com/iosepov/posts/pfbid07FyhANg8UYmF4xkTymiBYwx7yPrT3QhByC15jmkxSKsNdhE6hpvNqPeDJ6wNXV4Jl


lunedì 29 luglio 2024

Prenons l'exemple de la "parodie de la Cène".-Analyse de Charles Declerq* Prête et journaliste.(in francese e in italiano)

 


https://zakirova.com/portfolio-item/raoef-mamedov-series-the-last-supper/?fbclid=IwY2xjawEUm21leHRuA2FlbQIxMAABHYfEnhVGjT4G7y-_1DZDJZcDCy9nCEqDjh-0p2QrmOEPRqCmLQcK6tWYKQ_aem_71y8wj0c3klcNoWpFrE6ig

Originale in Francese


Prenons l'exemple de la "parodie de la Cène". Il ne s'agit pas d'une parodie de la dernière cène, mais une parodie de tableaux qui interprètent la dernière cène, tableaux qui sont tout aussi éloignés de ce qui a pu réellement avoir lieu, mais aussi, possiblement, une réinterprétation de mythes dionysiaques (n'oublions pas que le judéo-christianisme s'est inspiré également de (mythes) d'autres cultures). 

N'oublions pas que lorsque les auteurs évangéliques (qui n'ont pas connu Jésus et appartiennent aux 2e et 3e générations de disciples) inscrivent dans leurs récits un repas lors d'une "dernière Cène" (sauf l'auteur de l'évangile attribué à Jean), ils reportent dans leurs récits une pratique de leur communauté (elle-même issue du seder pascal juif). Difficile de pouvoir décrire "historiquement" ce repas qui est décrit dans des récits à haute valeur théologique ajoutée.

Je réagis ici comme prêtre catholique. Sur l'irrespect qui serait fait au Christ avec ce que certains ont appelé une "parodie honteuse de la dernière Cène" (surtout dans la fachosphère et l'extrême-droite hexagonale),cela témoigne d'une méconnaissance totale de la théologie de la kénose.

Je donne un exemple ll y a quelques dizaines d'années, en France, un artiste avait scandalisé des catholiques qui avaient violemment manifesté. De quoi s’agissait-il ? Il avait exposé des croix de crucifix baignant dans de l’urine. Ce à quoi l’hebdomadaire La Vie avait répondu par la voix d’un de ses théologiens que les Pères de l’Eglise y auraient vu une très symbolique et théologique représentation de la kénose (le Christ qui se vide de sa divinité pour s’abaisser dans l’humanité) et qu’il s’agissait probablement – au corps défendant de l’artiste – de la plus « vraie » représentation du Christ. Mais l’argument n’a pas été entendu (surtout par les catholiques crispés et identitaires).

Et pourtant, dans ces représentations, y compris celle d'hier, c'est le sens le plus profond du christianisme qui se donne là à voir: Jésus qui accueille les pécheurs, les publicains, les prostituées et qui leur promet de nous précéder dans le royaume. Comme chrétien, j'aime à penser que Jésus, aujourd'hui, aurait pu s'entourer de ces personnes pour son dernier repas. Au grand dam bien sûr des nouveaux pharisiens d'aujourd'hui!

C'est l'essence même du message du Christ et de l'évangile.

Et c'est une occasion de rappeler le coeur même du message de Jésus, à savoir l'amour de tous, y compris et d'abord de nos ennemis. Jésus rappelle que Dieu fait pleuvoir sur les bons et les méchants, qu'il accueille tout le monde et que nous sommes invités à en faire autant.

Et l'amour des autres n'impose aucune réciprocité de leur part, car si nous aimons qui nous aime, les païens en font autant.

Et donc oui, réjouissons nous aussi de cette "parodie" pour mettre ainsi en application le message du Christ et d'une civilisation qui veut s'en inspirer.

Et si l'on nous demande notre manteau, donnons aussi notre tunique! C'est clair, net et précis, "nos traditions", c'est une invitation à aimer tout homme, toute femme, et surtout celui ou celle qui est étranger, qui vient d'ailleurs, a une autre religion, d'autres coutumes, qui est différent.

Le gros problème est que beaucoup qui se revendiquent de Jésus Christ n'ont pas saisi toute la profondeur, la radicalité et l'intensité de son message.

En près de 40 ans de prêtrise, j'ai découvert que nombre de fidèles avaient les mots et les gestes conformes mais n'étaient pas des disciples du Christ et de l'évangile. En revanche, j'ai découvert sur les parvis et hors des églises que nombre de personnes qui n'étaient pas chrétiennes ou pas "pratiquantes" étaient des disciples de l'Evangile sans le savoir." 

Analyse de Charles Declerq

Prête et journaliste.



PER UNA POSSIBILE TRADUZIONE IN ITALIANO 


Prendiamo l'esempio della "parodia dell'Ultima Cena". Non è una parodia dell'Ultima Cena, ma una parodia dei dipinti che interpretano l'Ultima Cena, dipinti che sono altrettanto lontani da ciò che può essere realmente avvenuto, ma anche, forse, una reinterpretazione dei miti dionisiaci (non dimentichiamo che il Giudeo-Cristianesimo si è ispirato anche a (miti) di altre culture).

Non dimentichiamo che quando gli autori evangelici (che non conoscevano Gesù e appartengono alla seconda e terza generazione di discepoli) includono nei loro resoconti un pasto in un'"Ultima Cena" (ad eccezione dell'autore del vangelo attribuito a Giovanni), stanno includendo nei loro resoconti una pratica della loro comunità (a sua volta derivata dal seder ebraico della Pasqua). È difficile descrivere questo pasto "storicamente", poiché è descritto in racconti con un alto valore teologico aggiunto.

Sto reagendo qui come sacerdote cattolico. Per quanto riguarda la presunta mancanza di rispetto nei confronti di Cristo da parte di quella che alcuni hanno definito una "vergognosa parodia dell'Ultima Cena" (soprattutto nella fachosphèr e nell'estrema destra francese), ciò dimostra una totale mancanza di comprensione della teologia della kenosi.

Vi faccio un esempio Qualche decennio fa, in Francia, un artista scandalizzò i cattolici che manifestarono violentemente. Qual era il problema? Aveva esposto dei crocifissi immersi nell'urina. Uno dei teologi del settimanale La Vie rispose dicendo che i Padri della Chiesa l'avrebbero vista come una rappresentazione altamente simbolica e teologica della kenosi (Cristo che si svuota della sua divinità per abbassarsi nell'umanità) e che probabilmente - con dispiacere dell'artista - era la rappresentazione più "vera" di Cristo. Ma l'argomento rimase inascoltato (soprattutto dai cattolici rigidi con un forte senso di identità).

Eppure, in queste rappresentazioni, compresa quella di ieri, vediamo il significato più profondo del cristianesimo: Gesù che accoglie peccatori, pubblicani e prostitute e promette di precederci nel regno. Come cristiano, mi piace pensare che Gesù, oggi, avrebbe potuto circondarsi di queste persone per il suo ultimo pasto. Con grande disappunto dei nuovi farisei di oggi, naturalmente!

Questa è l'essenza stessa del messaggio di Cristo e del Vangelo.

Ed è un'occasione per ricordare il cuore del messaggio di Gesù, che è quello di amare tutti, compresi e soprattutto i nostri nemici. Gesù ci ricorda che Dio manda la pioggia sui buoni e sui cattivi, che accoglie tutti e che noi siamo invitati a fare lo stesso.

E l'amore per gli altri non richiede alcuna reciprocità da parte loro, perché se noi amiamo coloro che ci amano, lo faranno anche i pagani.

Quindi sì, gioiamo anche di questa "parodia", per mettere in pratica il messaggio di Cristo e di una civiltà che vuole ispirarsi ad esso.

E se ci chiedono il mantello, diamogli anche la tunica! Le nostre tradizioni" è un chiaro invito ad amare tutti gli uomini e le donne, soprattutto quelli che sono stranieri, che vengono da altrove, che hanno una religione diversa, costumi diversi, che sono diversi.

Il grande problema è che molte persone che si dichiarano seguaci di Gesù Cristo non hanno colto tutta la profondità, la radicalità e l'intensità del suo messaggio.

In quasi 40 anni di attività sacerdotale, ho scoperto che molti fedeli hanno le parole e i gesti giusti, ma non sono discepoli di Cristo e del Vangelo. D'altra parte, ho scoperto per strada e fuori dalle chiese che molte persone non cristiane o non 'praticanti' erano discepoli del Vangelo senza saperlo".

Analisi di Charles Declerq *

Sacerdote e giornalista.

Tradotto con DeepL.com (versione gratuita)


*https://www.catho-bruxelles.be/cinergie-portrait-du-pere-charles-declercq-pretre-et-critique-cinema/


https://www.facebook.com/wontolla52

mercoledì 17 luglio 2024

NON ESISTE SIRIA. di OSCAR NICODEMO






La Siria non è uno stato, un luogo, un popolo.

Non è terra, pietre, acqua.

La Siria non ha una storia antichissima.

Non è stata la Siria a inventare il primo alfabeto

e la parola “Europa”.

La Siria ha negato l’evoluzione del cristianesimo,

e Paolo si convertì altrove, non sulla via di Damasco.

La Siria non è mai stata culla di civiltà, tantomeno crocevia di antichi commerci.

Non le appartengono le Vie della seta e dell’incenso.

E non vi scorre l’Eufrate.

Egiziani, babilonesi, persiani e macedoni non l’hanno mai conosciuta.

I preziosi Archivi di Ebla, scoperti dall’archeologo italiano Matthiae,

non sono mai esistiti.

La Siria non ha tempo per chi vuole impadronirsene da tempo.

È solo un luogo ridotto a pretesto dalle moderne democrazie.

La si bombarda di venerdì, per non provocare scossoni in borsa.

La Siria non conta morti, né feriti, dimore demolite e villaggi distrutti.

In Siria le donne non conoscono sofferenza, i piccoli muoiono senza piangere,

e gli adulti non hanno anima.

Per la Siria l’intelligenza tace, il pensiero resta muto, la pietà si dilegua.


https://www.glistatigenerali.com/diritti-umani/non-esiste-siria/

sabato 13 luglio 2024

Wittgenstein adversus Paolo di Tarso



L’acqua che nei Vangeli scorre limpida e tranquilla sembra schiumare nelle lettere di Paolo. O, almeno, così pare a me. Forse è proprio la mia impurità a scorgervi il torbido: perché, infatti questa impurità non potrebbe inquinare la limpidezza? Per me, però, è come se qui  vedessi una passione umana, qualcosa come orgoglio o ira, che non combacia con l’umiltà dei Vangeli. Come se nonostante tutto ci fosse qui un’accentuazione della propria persona, e  proprio come atto religioso, il che è estraneo al Vangelo. Vorrei domandare – e non vorrei  che fosse una bestemmia: «Che cosa può aver detto davvero Cristo a Paolo?» […]. Nei Vangeli – così mi sembra – è tutto più schietto, più umile, più semplice. Là ci sono capanne; in  Paolo, una chiesa. Là tutto gli uomini sono uguali e Dio stesso è un uomo; in Paolo c’è già  qualcosa come una gerarchia; gradi e cariche. 

L. WITTGENSTEIN, Pensieri diversi, edizione italiana a cura di M. Ranchetti, Adelphi, Milano 1988, p. 66 (appunti del 1937).