giovedì 23 gennaio 2025

Fabrice Nicolino--Lettera ai giovani sul destino del mondo-14 Gennaio 2025. Rivista Malamente




https://rivista.edizionimalamente.it/2025/01/14/lettera-ai-giovani-sul-destino-del-mondo/


Vedete, io sono ormai quasi vecchio. Eppure disperatamente giovane come voi, che avete appena iniziato la vostra vita terrena. Vi sarete accorti che tutto sta andando male e, immagino, starete soffrendo per un futuro nero come il carbone più scuro. Vorrei dirvi qualche parola.


Prima di tutto, è vero. Il clima, una benedizione più o meno stabile da dodicimila anni, è ora un pericoloso pazzo. Ha permesso l’emergere delle civiltà, di tutte quelle civiltà che esaltiamo tanto. L’Egitto del Faraone, la Cina dell’Imperatore giallo, la civiltà Chavin prima degli Incas, Tenochtitlan, Nok, Aksourn, sumeri e babilonesi, Atene e Roma non avrebbero mai visto la luce senza la garanzia di raccolti più o meno regolari. Più o meno.


Ma tutto questo è andato. Come se non bastasse, un altro incredibile fenomeno si sta svolgendo sotto i nostri occhi, sotto i nostri sguardi increduli. La vita scompare, come una goccia d’acqua al sole. Si perde nel blu. La bellezza ci lascia, senza voltarsi indietro. Forme nate nel corso di migliaia di secoli non potranno più essere ammirate da nessuno; alcune, numerose, sono già svanite nel nulla.


Che fine ha fatto la grazia delle farfalle?

Sono nato in un mondo che, ingenuamente, credevo sarebbe stato sempre lo stesso. Ho vissuto in un’epoca in cui c’erano ancora tigri fino alle porte dell’Europa. Ora ne sono rimasti alcuni gruppi sparsi, cacciati dall’avidità, dalla stupidità e dalla follia più totale. Lo stesso vale per le favolose grandi scimmie, dagli oranghi agli scimpanzé dei film della mia infanzia. Vale per gli elefanti, le cui zanne un tempo arrivavano in cielo. E vale per leoni e ghepardi, re decaduti delle savane, che presto si potranno vedere solo dietro le sbarre delle prigioni costruite dagli uomini.


Naturalmente, questi animali grandiosi non devono far dimenticare tutti gli altri, anch’essi magnifici. Le farfalle – la grazia eterna delle farfalle – con i loro colori pazzeschi, se ne vanno di gran carriera verso la morte. Ne abbiamo perse la metà in circa vent’anni. E un terzo degli uccelli delle nostre campagne, che hanno diritto a stare qui quanto noi. In quindici anni. E le api e gli impollinatori che fertilizzano un terzo del cibo mondiale. E centinaia e migliaia di altre bellezze straordinariamente comuni, con cui non possiamo più condividere la strada.


Sì, giovani, ve l’ho detto: è incredibile. Potremmo distogliere lo sguardo, ancora una volta. Ma no, ho la sensazione che non lo farete. Sento, come altri, che sta sorgendo un grande movimento giovanile che finalmente rimescolerà le carte in tavola. Vedo che vi solleverete, che vi state già sollevando, e per un vecchio combattente come me è un grande sollievo.


Con gioia, vi passo il testimone. Sarò qui fino alla fine, potete starne certi, ma la battaglia che state intraprendendo durerà decenni. E lasciatemi dire che un po’ vi invidio. Vi aspetta un’avventura straordinaria. Un’avventura storica. Meglio ancora: un’avventura collettiva senza precedenti. Purtroppo si tratta di una guerra, una guerra totale di sterminio del vivente, ma non sarà come le precedente


Loro non faranno nulla, ma noi sì

Chi sta combattendo questa guerra, e continuerà a condurla insieme a voi, porta come vessillo la bellezza del mondo e riuscirà inevitabilmente a riunire le società umane. Non è possibile, non è concepibile che ridicole minoranze assetate d’oro continuino a distruggere il mondo. Questo non sarà più tollerato e voi, ne sono certo, sarete presenti. Vinceremo, perché non abbiamo altra scelta. Ce la faremo. Il coraggio non ci manca.


Ma dobbiamo essere d’accordo su chi sia il nostro avversario. La guerra lanciata contro il clima potrebbe essere la peggiore di tutte, e uso il condizionale per convenzione. Ha una precisa peculiarità: non contrappone un territorio a un altro, non è un conflitto tra due gruppi umani. È molto più profonda, perché il fronte di battaglia è dentro di noi. Siamo sia attori che vittime. Con ogni acquisto, spesso compulsivo, spesso manovrato dall’industria della menzogna pubblicitaria, sosteniamo quel mondo che vogliamo disperatamente cambiare.


Certamente, però: ci sono loro e ci siamo noi. E non sto confondendo il noi con coloro che ci portano al disastro. Ci sono i responsabili, i grandi colpevoli. Gli stati e i loro eserciti di miserabili politici non faranno nulla finché Pompei non sarà sotto le ceneri del Vesuvio. Non sanno fare di meglio. E lo stesso vale per le multinazionali, che conoscono una sola strada, quella che rende felici i loro azionisti. Potremmo ritrovarci con le spalle al muro nel giro di una decina di anni e loro non devierebbero dalla rotta. Sanno tutto, da decenni, e se hanno preferito dissimulare il loro crimine è perché ne erano e ne sono consapevoli.


La rivolta non può che essere totale

C’è una sola via da percorrere: la rivolta totale. Per questo mi rivolgo ai giovani, per primi, pur senza dimenticare gli altri. Per definizione, i giovani sono l’unico avvenire e la storia ha dimostrato che nei momenti decisivi sono in prima linea. Thomas Elek, combattente del gruppo Manouchian, fucilato dai nazisti all’età di diciannove anni. Wolf Wajsbrot, anche lui di diciotto anni. Robert Witchitz, diciannove anni. Maurice Fingercwajg, vent’anni. Spartaco Fontanot, ventidue anni. Marcel Rajman, vent’anni. Missak Manouchian, il loro leader, era un “vecchio” di trentasette anni. Erano loro gli eroi della mia giovinezza, cullata dalle grandi gesta della lotta armata contro il nazismo e i suoi scagnozzi francesi. Più tardi sono entrati nel mio Pantheon personale Louise Michel, Élisée Reclus, Emma Goldman, Nestor Makhno e Buenaventura Durruti.


Li cito per cercare di essere chiaro. È arrivato il momento di tagliare i ponti, di brûler ses vaisseaux (“bruciare le navi”): ho un debole per questa espressione, anche se sembra provenire dai conquistatori. Ma dopo tutto, non siamo noi dei fieri conquistatori della vita? L’espressione significa che non si può tornare indietro. Una volta lanciato l’assalto, si va avanti, si combatte. Le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Agatocle di Siracusa, intorno al 311 a.C., fece bruciare le sue navi quando sbarcò le truppe in Africa. Si dice che Guglielmo il Conquistatore abbia fatto lo stesso nel 1066, quando decise di invadere l’attuale Inghilterra. E lo stesso vale per l’abominevole Hernan Cortès, che distrusse la civiltà azteca dopo il 1319.


Perché questo richiamo? Mi sembra ovvio. Se siamo d’accordo sui fatti che constatiamo, non possiamo più esitare. La storia ci chiama, ed è una grande divoratrice di energie. Io non auspico la violenza. Anzi, la rifiuto. Ma la ribellione generale che invoco dovrà trovare la sua strada in mezzo a molti pericoli. Nessuno è indovino. Se bastasse prendere una manciata di sale, come ha fatto Gandhi, tanto meglio. Se bastasse l’incredibile coraggio di un Nelson Mandela del futuro, tanto meglio. Ma devo confessare che ho dei dubbi. La mia personale certezza è che non dobbiamo fidarci di nessuno se non di noi stessi. Né dei governi, né degli industriali, nemmeno dei partiti politici che hanno dimostrato mille volte la loro inutilità. Tutti? Potrei essere criticato, ma sì, tutti. Rivolgersi a loro è una perdita di tempo. Rivolgersi ai governi è una perdita di tempo. Rivolgersi a chiunque perché risolva il problema è una perdita di tempo.


Dobbiamo – dovete – inventare nuove forme, adatte a ciò che l’umanità non ha mai conosciuto. L’ossessionante crisi climatica non può essere combattuta con le armi del passato, quando si pensava che le società umane fossero imperiture.


Ho detto che vi invidiavo. Ed è vero. Ma ho anche paura per voi. L’obiettivo da raggiungere è il più difficile che l’umanità abbia affrontato nei due milioni di anni in cui è stata sulla Terra, dall’Homo habilis in avanti. Dobbiamo rimettere insieme il mondo, senza mai dimenticare che noi non siamo come gli altri. I nostri valori ci obbligano a mantenere sacro il nostro senso di umanità. È difficile. Sarà difficile. Altrimenti non ne varrebbe la pena.


Il momento è arrivato. La campana sta suonando da un capo all’altro di questa Terra che tanto amiamo, ed è folle chi farà finta di non sentirla. È arrivato il momento, e non ce ne sarà un altro. È adesso. Alzatevi in piedi.

lunedì 6 gennaio 2025

IL CANTO DEL PELLEGRINO (Liberamente ispirato al poema druidico Kat Godeu di Taliesin)






Io sono stato nella schiuma nel mare,
nel luccicare di una spada,
nel fuoco di un incendio divampante,
nella trasparenza del più inebriante tra i liquori.
Sono stato un bambino, un vecchio saggio,
una madre che partoriva.
Sono stato la volubilità della luna d'argento,
la luce della stella più brillante
e il più lontano tra i pianeti.
Sono stato una roccia immutabile,
per più di mille anni.
Sono stato il sentimento travolgente di una donna
tra le braccia del suo amante,
il desiderio selvaggio di un uomo
per l'oggetto delle sue fantasie più segrete.
Sono stato la forza del vento, la crudeltà del mare in tempesta,
la malinconia di un cielo grigio prima della bufera.
Sono stato le lacrime di dolore di un amore spezzato,
il sorriso sulle labbra di un neonato,
la stanza occulta dei segreti del cuore.
Sono stato l'alba di una civiltà
e poi ognuna delle sue conquiste,
sono stato le statue d'oro dei suoi idoli
e la polvere delle rovine dei suoi templi,
spazzati via dalla falce del Tempo.
Sono stato una parola in un libro,
e l'intera biblioteca di Alessandria.
Sono stato tutto ciò, eppure non conosco ancora il mondo.
Sono stato il dardo fiammeggiante del sole di agosto
e il gelo inesorabile del solstizio di inverno;
eppure, ad ogni stagione, quando la Ruota gira
e il miracolo della natura si rinnova,
mi inginocchio e ringrazio la Terra.
Sono stato un intero popolo distrutto dalle carestie e dalle guerre,
una famiglia cancellata da una terribile pestilenza,
o da un uragano.
Sono stato nelle fosse comuni, nei corpi bruciati degli innocenti,
nelle donne violate e rapite,
nei corpi straziati degli uomini uccisi da un loro fratello,
ma riesco ancora a levare la mia voce e pregare
e la mia fede è intatta.
Perché ho conosciuto le acque stagnanti, ma anche le sorgenti,
ho conosciuto l'odio dell'omicida e l'invidia del rancoroso,
ma anche l'amore senza condizioni e la generosità senza limiti,
ho conosciuto l'avidità e l'avarizia dell'usuraio,
il tradimento del vigliacco, la mancanza di scrupoli dello sfruttatore,
ma anche il potere incommensurabile
del gesto compiuto senza attaccamento alcuno,
il sacrificio di una vita per salvarne un'altra,
il donare tutto ciò che si possiede senza condizioni.
Ho continuato a esistere e a rivelarmi nel mondo,
perché il mondo potesse rivelarsi a me:
nel volo di una farfalla o nel balenare di un lampo,
in ogni moto del cuore, nella luce e nell'ombra.
Quando la mia essenza avrà attraversato
ogni bagliore della creazione,
quando non saprò più dire "me"
senza alludere all'intero universo,
solo allora
potrò essere Libero.

traduzione proposta e testo inglese


Taliesin (534 circa – 599 circa) è stato un poeta britannico, il più antico poeta di lingua gallese del quale siano sopravvissute alcune opere.